La giurisprudenza di merito come anche di legittimità ha chiaramente precisato quali siano gli obblighi che sorgono in capo a ciascun genitore, indipendentemente dalla circostanza che la prole sia legittima o naturale e che vi sia stato riconoscimento o meno di paternità o di mternità. In sostanza per il solo fatto della procreazione, a dispetto di qualsivoglia altra circostanza intervenuta nei reciproci rapporti tra i genitori e/o nei rapporti tra i figli ed i genitori stessi, questi ultimi sono inderogabilmente tenuti ad adempiere agli obblighi di mantenimento, di istruzione, di educazione e di assistenza della prole. Tale onere incombe su ciascun genitore a prescindere dall’adempimento o meno da parte dell’altro, talché il genitore inadempiente non può invocare alcuna remissione o attenuazione della propria responsabilità in relazione alla condotta dell’altro obbligato, e ciò indifferentemente nel caso in cui quest’ultimo abbia o non abbia correttamente adempiuto a sua volta ai propri doveri (cfr. Cass. Civ. Sez. III sent. n. 14382 /2019). Pertanto è pacifico il principio richiamato dalla Corte Suprema per il quale ciascun genitore risponde comunque integralmente in proprio delle responsabilità e degli obblighi derivanti dal rapporto di filiazione. Gli obblighi di mantenimento, istruzione, educazione ed assistenza gravano egualmente sul genitore naturale che non abbia riconosciuto il figlio, con la conseguenza che anche “[…] nell’ipotesi in cui al momento della nascita il figlio sia riconosciuto da uno solo dei genitori, tenuto perciò a provvedere per intero al suo mantenimento, non viene meno l’obbligo dell’altro genitore per il periodo anteriore alla pronuncia della dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità naturale, essendo sorto sin dalla nascita il diritto del figlio naturale ad essere mantenuto, istruito ed educato nei confronti di entrambi i genitori (Cass. 22.11.2013 n. 26205; Cass. 10.04.2012 n. 5652; Cass. 2.02.2006 n. 2328; Cass. 14.05.2003 n. 7386; Cass. sez. 6-3 sent. n. 3079 del 16.02.2015, Rv. 634387-01; Cass. Sez. 1, sent. n. 5652 del 10.04.2012, Rv. 622138-01)” (cfr. Cass. Civ. Sez. III sent. n. 14382 /2019). Deve pertanto essere imputato al genitore inadempiente – a seguito della violazione dei propri obblighi e doveri – non solamente il patimento emotivo e relazionale derivante dalla privazione della figura parentale, bensì anche il mancato mantenimento del figlio e la perdita di chance conseguente alla circostanza di non aver potuto quest’ultimo giovarsi delle risorse sociali e finanziarie nella disponiblità del genitore. Si delinea così la concomitante sussistenza di un danno patrimoniale – connesso alla “perdita di chance” che il figlio ha subito in ragione della privazione delle possibilità sociali, formative e professionali che il genitore avrebbe potuto offrirgli – e di un danno non patrimoniale, derivante appunto dalla privazione del rapporto genitoriale (cfr. Cass. Civ. Sez. III, sent. n. 14382/2019). La giurisprudenza è infatti concorde nel ritenere che “qualora alla procreazione non segua il riconoscimento e soprattutto l’assolvimento degli obblighi conseguenti alla condizione di genitore, sussiste il diritto del figlio al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali ai sensi degli art. 2043 c.c. e 2059 c.c.” (cfr. Cass. Civ. Sez. IV, sent. n. 22506 del 4.11.2020).